Un
progetto Manhattan per il petrolio artificiale
Di
Carlo Pelanda
Il
Sole 24 Ore 17-8-2008
Anche se il
prezzo del petrolio potrà oscillare con periodi di ribasso, come in questi
giorni, tuttavia la tendenza prospettica resta al rialzo per i noti motivi di
incremento “strutturale” della domanda da parte dei Paesi emergenti. Inoltre i
produttori stanno nazionalizzando le risorse e le impiegano sempre più per fini
strategici. Ciò complica, in termini di vulnerabilità ai ricatti contro i Paesi
consumatori, una situazione già storicamente instabile dove gas e petrolio sono
prodotti in gran parte da Stati a regime autoritario ed instabili. Nel passato
il sistema è stato equilibrato sia dal potere globale statunitense sia da un
Opec incline al calcolo razionale costi/benefici, ovvero che moderava i prezzi
per evitare che la conseguente recessione delle economie consumatrici li facesse
poi crollare. Ma il potere statunitense non avrà più sufficienti forza
ordinatrice, pur restando superpotenza. L’Opec ha perso le sue capacità
calmieranti. Il complesso di queste condizioni tecniche e politiche ha generato
un’impennata dei prezzi petroliferi dal 2005 in quantità e tempi
che hanno superato la capacità di assorbimento delle economie consumatrici,
squilibrandole pericolosamente per eccesso di inflazione da costo. Da questa
esperienza gli Stati consumatori hanno appreso che, indipendentemente
dall’oscillazione contingente dei prezzi, la dipendenza dal ciclo del petrolio
fossile così configurato non potrà più essere tollerabile. E’ finita un’era e
ne comincia un’altra. Ma nella seconda non c’è ancora una strategia precisa,
nel senso che segue.
La strategia
tradizionale di controllare il prezzo dell’energia attraverso accordi
consumatori/produttori e pressioni geopolitiche ha uno spazio molto ridotto sul
piano globale per l’assenza di un potere in grado di farlo. Tale opzione,
infatti, è applicata solo a livelli regionali o bilaterali. Per esempio, la Germania dipenderà sempre
più dal gas russo e nel 2006 Merkel si è
riavvicinata all’America per ottenere più forza nel trovare un compromesso
geopolitico con Mosca. L’Italia preme per l’inclusione della Russia nel sistema
occidentale allo scopo di stabilizzare le sue fonti di rifornimento. La Cina fa accordi bilaterali di
privilegio con singoli produttori. La via politica potrà attutire futuri shock,
ma non risolvere il problema. Anzi lo complicherà per la competizione multipla
e caotica finalizzata al dominio delle risorse, fenomeno già visibile
nell’Artico. Per questo motivo gli Stati consumatori stanno puntando con
massima priorità ad ottenere l’indipendenza energetica. La decisione è ormai
presa, ma la strategia non è ancora precisata perché al momento si stanno
tentando tutte le possibili vie tecnologiche, senza selettività. Da un lato ciò
è comprensibile. Si lancino intanto nucleare, solare, idrogeno, eolico, energia
da movimenti naturali e si estenda la ricerca per petrolio e gas in casa
propria, qualsiasi mezzo per ridurre la dipendenza, poi si vedrà. Ma le energie
definite alternative al petrolio in realtà sono solo “integrative” e non
“sostitutive”. Il nucleare ha potenziale sostitutivo, ma in tempi lunghissimi.
Poi, soprattutto, il passaggio da un’economia basata sugli idrocarburi ad altre
fonti di energia non può essere fatto in tempi brevi. Quanto ci vorrebbe?
Nonostante le migliaia di scenari in materia nessuno può dirlo con ragionevole
approssimazione. L’unica cosa certa è che nella transizione dovranno convivere
idrocarburi e lo sviluppo di nuove fonti, con la prevalenza dei primi per parecchi
decenni. Se ciò è realistico, allora la strategia è quella di concentrare gli
sforzi, una sorta di nuovo progetto Manhattan, per la produzione sia di
idrocarburi sintetici da materiali organici, in particolare rifiuti, sia per il
miglioramento dei biocomustibili, riducendone l’impatto inflazionistico nel
settore alimentare e quello ambientale. La buona notizia, infatti, è che lo
shock petrolifero ha stimolato l’emergere di nuove tecnologie capaci di
trattare ogni materiale con dentro carbonio ed idrogeno forzandoli a prendere
la formula di un idrocarburo artificiale (sintetico). Sono centinaia negli Usa,
decine in Europa, in Italia già in lancio sul mercato soluzioni d’avanguardia.
Ora si tratta di organizzare tale potenziale per accelerarne lo sviluppo
chiarendo una strategia così titolabile: se il petrolio fossile è un problema
facciamolo artificiale.
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